Questo tipo di elemento si basa sui lavori di Spacone [i] ed altri, ed assume, ai fini della modellazione del comportamento non lineare dell'elemento, la discretizzazione della sezione trasversale in fibre soggette a solo sforzo assiale. Le caratteristiche della sezioe trasversale sono completamente identificate dalla posizione (x,y) della generica fibra trasversale oltre che dalla sua area. Le relazioni costitutive che legano lo stato di deformazione allo stato di sollecitazione non sono definite esplicitamente ma ottenute per integrazione, sulla sezione, sulla risposta monoassiale, fornita dalle singole fibre. La formulazione dell'elemento prevede che:
A livello di sezione si hanno pertanto le componenti di sollecitazione:
e di deformazione:
Introducendo i vettori che identificano lo stato di deformazione:
e di tensione a livello delle fibre:
utilizzando l'ipotesi di conservazione delle sezioni piane e normali all'asse longitudinale, le deformazioni nella sezione sono legate alle componenti di deformazione dell'elemento dalla matrice:
per cui :
Noto lo stato di deformazione e le relazioni costitutive del materiale che interessano la singola fibra, è poi possibile esprimere la matrice di rigidezza tangente della sezione per integrazione, sulla sezione trasversale, delle rigidezze assiali tangenti delle singole fibre:
dove:
dove A indica l'area della generica fibra, y e z le sue coordinate nella sezione trasversale ed E il modelo di elasticità assiale tangente del materiale costituente la fibra corrispondente al livello di deformazione considerato.
è importante rilevare e sottolineare che questa formulazione non include la deformabilità tagliante (trave alla Bernuille) e pertanto l'elemento in esame và impiegato per modellare elementi sufficientemente snelli. La formulazione adottata è sviluppata nel sistema di riferimento convected e pertanto non include campi di moto rigido. Inoltre, essendo basata su una formulazione geometrica lineare tali campi di moto rigido possono essere incorporati nelle traformazioni geometriche dei campi di spostamento. L'elemento ha quindi 6 componenti linearmente indipendenti di azioni interne e di spostamento:
Nel seguito le componenti di azione interna verrano indicate con il vettore Q mentre le correlative componenti di spostamento saranno indicate con il vettore q. Ricordiamo che le deformazioni nella sezione trasversale sono rappresentate da tre componenti:
Nel seguito con il vettore D(x) verrà indicato il vettore che raggruppa le componenti di azione interna nella sezione
D(x)={ Mz(x) , My(x) , N(x) }
e con d(x) il vettore che raggruppa le corrispondenti componenti di deformazione
d(x)={ χz(x), χy(x), ε(x) }
è da rilevare che in questa formulazione non è presa in considerazione ne la deformabilità tagliante ne l'interazione taglio torsione e la sua influenza sullo stato tensionale della sezione.
La matrice di rigidezza dell'elemento è ottenuta utilizzando il cosidetto 'two-field mixed method" (Zienkiewicz e Taylor 1989) attraverso il quale due indipendenti funzioni di forma sono utilizzate per approssimare il campo di forze e spostamenti all'interno dell'elemento. Indicando con Δ gli incrementi delle variabili impiegate avremo:
dove a(x) e b(x) sono le matrici che contengono le funzioni di forma interpolanti del campo di forze e spostamento. Il pedice i fa riferimento all'i-esima iterazione dell'algoritmo di Newton-Raphson ed è introdotta in quanto la formulazione fà esplicito riferimento alla flessibilità dell'elemento. Nella formulazione mista delle equiazioni di equilibrio integrale sono innanzitutto espresse le relazioni che legano le forze e le deformazioni nella sezione per poi combinarle con le relazioni che legano spostamenti e forze nell'elemento per ottenere la formulazione finale. La formulazione pesata integrale linearizzata delle relazioni forze deformazioni a livello di sezione è data dall'espressione:
dove la relazione fra forze e deformazioni appare sotto forma di flessibilità:
e l'indice i-1 indica che viene utilizzata la matrice di flessibilità della sezione alla fine dell'iterazione precedente a quella considerata. Sostituendo si ha:
Poichè l'espressione precedente deve essere valida per ogni δQT:
Le espressioni tra parentesi quadre rappresentano le matrici:
dove F è la matrice di flessibilità e
è una matrice che dipende dalle sole funzioni interpolanti a(x) e b(x). Utilizzando le espressioni precedenti le matrici F e T possono anche esprimersi come:
ovvero
A questo punto è necessario soddisfare l'equilibrio dell'elemento beam. Per far questo viene utilizzata la forma integrale delle equazioni di equilibrio derivata dal principio dei lavori virtuali:
dove Pi è il vettore dei carichi esterni in equilibrio con le azioni interne Di-1(x)+ΔDi(x). Sostituendo le equiazioni precedenti avremo:
Al solito poichè l'espressione precedente deve valere per qualisiasi δqT si ha:
e ricordando le notazioni precdenti la forma integrale delle equazioni di equilibrio dell'elemnento possono esprimersi come:
o ancora, riarrangiando:
e risolvendo per ΔQi:
Finora le funzioni di forma a(x) e b(x) non sono state esplicitate. Scegliendole in modo tale che:
si ottiene una notevole semplificazione in quanto indicando con Fi-1 la matrice di flessibilità tangente dell'elemento alla fine dell'iterazione i-1 si ha:
e quindi:
ovvero la matrice T è uma matrice identità 3x3. Con questa scelta della matrice a(x) si ottengono due risultati:
che pone in relazione, linearizzata, la matrice di flessibilità tangente con le forze sbilanciate P-Qi-1 e gli incrementi di spostamento a livello di elemento.
Al solito, si presentano, all'interno di ogni passo di carico, due problemi: la determinazione dello stato di sollecitazione e di deformazione a livello di struttura risolto attraverso il metodo iterativo di Newton-Raphson, ma anche un secondo derivante dalle non linearità materiali, a livello di elemento. Analizzando questa seconda parte avremo che indicando con:
alla fine della i-esima iterazione (a livello di struttura) occorrera determinare il campo di forze resistente all'interno dell'elemento:
Analizzando le iterazioni all'interno (indice j) dell'elemento avremo:
Prima iterazione j=0:
cui corrisponde il campo di spostamento incrementale:
ed il correlativo incremento del campo di forze:
Questo campo di forze produce l'incremento di forze nelle varie sezioni trasversali interpolato tramite la matrice delle funzioni di forma b(x) secondo la:
Giunti a questo punto, nota la matrice di flessibilita della sezione assunta, come per l'elemento, uguale a quella ottenuta alla fine dell'iterazione i-1:
L'assunta linearizzazione del campo di forze-deformazioni a livello di sezione fornisce gli incrementi di deformazione nella sezione:
da cui deriva il campo di deformazioni complessivo sulla sezione:
Da queste deformazioni, nel caso lineare, è immediato assumere le azioni resistenti a livello di sezione e la nuova matrice di flessibilità tangente di sezione. Tuttavia la natura non-lineare materiale del problema introduce delle azioni squilibrate a livello di sezione per cui in generale si avrà:
Queste azioni squilibrate possono essere trasformate in residui di deformazione della sezione:
che, integrate lungo l'asse dell'elemento, forniscono il campo residuo di deformazioni nell'elemento:
è importante rilevare che il campo di forze resistente della sezione è ottenuto direttamente per integrazione delle tensioni normali sviluppate nelle varie fibre componenti la sezione trasversale e non attraverso l'utilizzo della matrice di flessibilità aggiornata della sezione.
Sintetizzando, a livello di elemento vengono eseguiti i seguenti passaggi:
(1)- Determinazione dell'incremento di forze agenti sull'elelmento
(2)- Aggiornamento del campo di forze agente nell'elemento
Per ogni sezione trasversale monitorata e quindi oggetto di integrazione:
(3)- calcolo incremento di forze nella sezione
(4)- calcolo dei valori totali aggiornati delle forze nella sezione
(5)- determinazione dello stato di deformazione nella sezione (per j=0 il vettore r(x) dei residui e nullo)
(6)- determinazione della matrice di rigidezza k(x) aggiornata nella sezione
(7)- calcolo della matrice di flessibilità f(x) per inversione di k(x)
(8)- determinazione delle forze resistenti nella sezione per integrazione diretta dello stato tensionale
(9)- calcolo delle forze sbilanciate nella sezione
(10)- determinazione delle deformazioni residue a livello di sezione
(11)- Calcolo per integrazione sull'elemento della nuova matrice di flessibilità tangente F dell'elemento
(12)- Calcolo della matrice di rigidezza tangente K dell'elemento per inversione di F
(13)- Calcolo delle deformazioni residue s a livello di elemento
(14)- controllo convergenza del processo: stop, se le deformazioni residue o le forze residue sono minori della prefissata tolleranza, altrimenti
e si riprende il processo iterativo dal punto 1.
Come si sarà notato, sin quì non è stato introdotto nessun legame costitutivo per il materiale. Questa formulazione consente infatti di impiegare le più varie formulazioni per quanto concerne i legami tensioni-deformazioni dei materiali costituenti le fibre delle sezioni trasversali. In particolare nell'Appendice A vengono riportati i legami costitutivi dei materiali impiegabili con questo elemento finito nel codice di calcolo nonlineare WinStrand. Qui si segnala solo il fatto che, a prezzo di un aggravio computazionale, alcuni di questi prevedono sia rami di carico che di scarico e quindi possono essere impiegati per modellare elementi soggetti a carichi ciclici o che comunque è prevedibile possano essere soggetti a sedi di plasticità reversibili mentre altri non sono in grado di monitorare questo fatto e quindi possono essere utilmente impiegati solo per modellare carichi di tipo monotono.
Un'altro aspetto, molto importante, riguarda il modo con cui vengono modellate le sezioni trasversali e, di conseguenza, il modo con cui vengono integrate le matrici di flessibilità della sezione per ottenere la matrice di flessibilità dell'elemento. Se ad esempio si assume un legame elastico lineare e, nel caso piano, per la matrice b(x) si assume l'espressione:
via principio dei lavori virtuali la matrice di flessibilità dell'elemento può essere ottenuta come:
Essendo f(x) la matrice di flessibilità della sezione trasversale pari all'inversa di:
Considerando che l'integrazione viene fatta per via numerica [iii], si possono fare varie semplificazioni. Si può, ad esempio, utilizzare più o meno sezioni (punti) di integrazione e si possono fare delle ipotesi sul comportamento delle sezioni trasversali. Se ad esempio si suppone che tutte le sezioni possano essere sede di fenomeni di plasticizzazione si ottiene un modello a plasticità diffusa, mentre se si ritiene che solo le sezioni terminali siano il luogo dove si sviluppano fenomeni non lineari materiali mentre il resto dell'elemento esibisce un comportamento elastico lineare si ottengono elementi a plasticità concentrata.
Questa semplificazione, spesso adottata per elementi quali i pilastri tipicamente soggetti a diagrammi del momento a farfalla con i massimi in corrispondenza dei nodi terminali, ha dato origine ai cosidetti modelli a plasticità concentrata (lumped plasticity). In questi modelli, le sezioni in cui vengono sviluppate nonlinearità materiali (cerniere plastiche) sono concentrate in tratti terminali di lunghezza Lp mentre il resto dell'elemento ha un comportamento elastico lineare. Tralasciando il grado di convergenza e l'attendibilità di tali modellazioni, è importante sottolineare che i risultati che si ottengono sono dipendenti dalla lunghezza del tratto Lp in cui si pensa si formi la cerniera plastica. La letteratura tecnica al riguardo è abbastanza ampia tuttavia le formulazioni generalmente più seguite, ed implementate come opzione, nel codice WinStrand sono:
(Priestley ed altri, 1996): Lp= 0,08 L + 0,022 fy d <= 0,044 fy d
(Mattok, 1967): Lp= 0,05 L + 0,5 D
(Optimal): Lp= 0,05 L + 0,1 fy d / (fc)1/2
è importante sottolineare che in questo elemento viene monitorato lo svilupparsi di fenomeni di plasticizzazione delle fibre per effetto combinato sulla sezione sia dei momenti flettenti My ed Mz che dello sforzo assiale N. In conseguenza di ciò la dizione 'cerniera plastica' in senso stretto è impropria poichè nella letteratura tecnica ci si riferisce ad essa solo per elementi soggetti a flessione. Ciò nonostante al progredire dei fenomeni di plasticizzazione nella sezione questo viene segnalato dal codice di calcolo con la generica dicitura di 'cerniera plastica' anche se in realtà si tratta di sviluppo, più o meno marcato, di fenomeni di plasticizzazione nella sezione. Questo elemento, come si desume da quanto sopra riportato, necessita di un grado di discretizzazione abbastanza spinto sulla sezione trasversale. Per questa ragione viene offerto come opzione solo per elementi pilastro o trave di cui siano note le caratteristiche trasversali.
In sostanza risulta applicabile agli elementi pilastro o trave costituiti da profilati metallici (eventualmente profili composti) di forma nota o pilastri in c.a., già armati in cui siano quindi note sia le caratteristiche dei materiali costituenti la sezione che il diametro e la posizione delle barre. Allo stato attuale non è possibile discriminare fra il calcestruzzo interno (e che quindi potrebbe beneficiare dell'effetto di confinamento delle staffe) e quello esterno. Per quanto riguarda gli elementi modellati come profilati in acciaio è bene ricordare che l'elemento assume che la sezione trasversale sia in grado di plasticizzarsi e quindi particolare attenzione va posta nei confronti di quelle sezioni che in dipendenza dello stato di sollecitazione possono non svilluppare tali caratteristiche (sezioni in classe 3 o 4 EC3). Per quanto concerne la discretizzazione delle sezioni trasversali, in generale:
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[ii] Alla prima iterazione j la matrice tangente è uguale a quella ottenuta alla fine della precedente iterazione esterna i.
[iii] Vedi "Plastic Hinge Integration Methods for Force-Based Beam–Column Elements" Michael H. Scott and Gregory L. Fenves DOI: 10.1061/ ASCE0733-9445 2006132:2 244